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TFR (Trattamento di fine rapporto): le risposte a tutte le domande più frequenti

Il TFR, acronimo che sta per “Trattamento di Fine Rapporto”, è una componente molto importante nella retribuzione dei lavoratori dipendenti.

Chi ne ha diritto è tenuto a prendere decisioni importanti in merito fin dall’inizio del rapporto di lavoro, quindi è fondamentale sapere di cosa si tratta e quali sono le opzioni a riguardo.

Ecco quindi le domande (e le risposte) più frequenti su questo argomento.

Cos’è il TFR?

Il TFR è una somma che viene riconosciuta al lavoratore alla conclusione del suo rapporto di lavoro, qualunque ne sia la causa (dimissioni, licenziamento, pensionamento).

Tale somma viene accantonata mensilmente durante tutta la permanenza del lavoratore in azienda ed erogata con l’ultima busta paga, perciò si parla di “retribuzione differita” o anche di “liquidazione”.

Chi ha diritto al Trattamento di Fine Rapporto?

Hanno diritto al Trattamento di Fine Rapporto le seguenti categorie di lavoratori:

Questo aspetto della retribuzione viene applicato sia per i dipendenti delle aziende pubbliche, sia per quelli delle aziende private.

Non hanno invece diritto al Trattamento di Fine Rapporto i lavoratori autonomi.

TFR in azienda o nel fondo pensione?

La destinazione del Trattamento di Fine Rapporto è una decisione che ogni dipendente è tenuto a prendere al momento dell’assunzione, compilando il Modello TFR2.

Il lavoratore può scegliere tra due opzioni:

  • mantenere il TFR In azienda (per le aziende fino a 49 dipendenti, la gestione sarà di competenza del datore di lavoro, mentre per le realtà da 50 dipendenti in su il datore di lavoro verserà l’importo maturato al Fondo Tesoreria INPS).
  • destinare l’accantonamento a un fondo di previdenza complementare

Il Modello TFR2 deve essere riconsegnato dal dipendente al datore di lavoro entro 6 mesi dall’assunzione.

Nel caso in cui il lavoratore non esprima la sua scelta, vale il silenzio-assenso e automaticamente il Trattamento di Fine Rapporto confluisce nel fondo pensione previsto dal CCNL o, se sono presenti più fondi, in quello a cui è iscritto il maggior numero di dipendenti.

La scelta di destinare il Trattamento di Fine Rapporto alla previdenza complementare è irrevocabile, mentre se si sceglie di lasciarlo in azienda si può cambiare idea in qualunque momento.

Ma qual è la scelta più conveniente?

In generale, l’accantonamento del TFR in un fondo pensione consente di beneficiare di maggiori agevolazioni fiscali, grazie a una tassazione inferiore. Anche per il datore di lavoro comporta un beneficio fiscale, in quanto rappresenta un costo deducibile dal reddito di impresa

Come funziona la liquidazione del TFR?

In generale, l’azienda o il datore di lavoro corrispondono il TFR al lavoratore nell’ultima busta paga.

I termini per l’erogazione della somma spettante sono determinati dai singoli CCNL, ma in linea di massima dovrebbe avvenire entro i 30-45 giorni successivi alla fine del rapporto lavorativo.

Quando si può chiedere un anticipo del TFR?

In caso di necessità, il lavoratore può chiedere un anticipo del TFR maturato (questa somma verrà quindi detratta dal TFR a conclusione del rapporto di lavoro), purché sussistano i seguenti requisiti:

  • rapporto di lavoro subordinato continuativo presso lo stesso datore di lavoro da almeno 8 anni
  • richiesta di una quota massima pari al 70% dell’importo del TFR maturato in azienda
  • una sola possibilità di richiesta, formulata per iscritto

Quali sono le motivazioni valide che, secondo quanto previsto dalla normativa, giustificano la richiesta di un anticipo del Trattamento di Fine Rapporto? Ecco le principali:

  1. spese sanitarie per terapie e/o interventi straordinari riconosciuti dalle strutture pubbliche competenti;
  2. acquisto della prima casa per sé o per i figli, oppure ristrutturazione della casa di proprietà;
  3. spese per congedi dovute ad astensione facoltativa di maternità e paternità, formazione e formazione continua, anche aziendale.

I datori di lavoro sono tenuti a riconoscere gli anticipi di TFR entro un limite annuale pari al 10% degli aventi titolo e non superiore al 4% del numero totale dei dipendenti (salvo norme più favorevoli previste dalla contrattazione collettiva o patti individuali tra l’azienda e il dipendente).

Come si calcola il TFR?

Il calcolo del TFR avviene sommando per ogni anno di lavoro una quota pari all’importo della RAL e di tutti gli elementi ricorrenti della busta paga, divisa per il coefficiente 13,5 (questo divisore è stato stabilito per mediare tra i CCNL che prevedono solo la 13ᵃ e quelli che prevedono anche la 14ᵃ).

Alla cifra ottenuta si deve applicare poi una rivalutazione, che viene calcolata considerando gli indici dell’inflazione, in base a due aliquote: una componente fissa pari al 1,5% e una componente variabile pari al 75% dell’indice dei prezzi determinato dall’ISTAT.

L’importo calcolato viene definito Trattamento di Fine Rapporto Lordo, in quanto assoggettato a un particolare trattamento fiscale, che vedremo nel prossimo paragrafo.

Per il calcolo della retribuzione su cui computare il TFR bisogna considerare i seguenti elementi retributivi:

  • minimi retributivi
  • superminimi collettivi o ad personam
  • premi presenza ricorrenti, indennità di cassa e altri elementi corrisposti mensilmente
  • indennità di mensa
  • maggiorazioni contrattuali per lavorazioni o orari disagiati
  • straordinari continuativi
  • bonus, premi di rendimento, incentivazioni, partecipazioni agli utili, provvigioni e altri elementi periodici
  • EDR (elemento distinto della retribuzione)
  • importi per festività non godute
  • tredicesima mensilità
  • altre mensilità eventualmente previste dalla contrattazione collettiva
  • premi per polizze stipulate dal datore di lavoro in favore del lavoratore

Sono invece escluse dal computo del TFR le seguenti voci:

  • rimborsi spese analitici
  • una tantum occasionali
  • straordinari occasionali
  • indennità chilometriche per l’utilizzo dell’auto personale a fini aziendali
  • indennità di trasferta
  • contributi a carico del datore di lavoro versati a fondi assistenziali integrativi

Come viene tassato il Trattamento di Fine Rapporto?

Il TFR è soggetto a una tassazione distinta rispetto a quella dei redditi da lavoro, sui cui si applicano annualmente le aliquote IRPEF.

Il calcolo della tassazione del Trattamento di Fine Rapporto non avviene annualmente, ma solo dopo la liquidazione, applicando un’aliquota media (tassazione separata).

Possiamo suddividere le modalità di tassazione del TFR in due casistiche:

  • TFR maturato fino al 31/12/2000
  • TFR maturato dal 01/01/2001

Per la determinazione dell’imposta è necessario procedere preliminarmente all’individuazione del “reddito di riferimento” e per fare questo occorre:

  1. calcolare l’imponibile di riferimento: dividere l’ammontare del TFR per il numero degli anni e frazione di anno presi a base della commisurazione e moltiplicare poi il risultato per 12 (numero fisso);
  2. determinare l’ipotetico ammontare dell’imposta relativa all’imponibile di riferimento: tenere conto delle aliquote IRPEF in vigore nell’anno in cui è maturato il diritto alla percezione delle indennità di fine rapporto;
  3. calcolare l’aliquota media applicabile: dividere l’ipotetico ammontare dell’imposta per l’imponibile di riferimento e moltiplicare per 100;
  4. identificare il reddito di riferimento: applicare alla base imponibile l’aliquota media.

La base imponibile sarà:

  1. nel caso di Trattamento di Fine Rapporto posteriore al 2000: l’ammontare maturato al netto della rivalutazione, soggetta ad imposta sostitutiva pari al 17%;
  2. nel caso di Trattamento di Fine Rapporto fino al 31 dicembre 2000: l’ammontare si ottiene riducendo l’importo di una somma pari a 309,87 euro (258,23 euro per rapporti cessati entro il 31 dicembre 1997) per ciascun anno preso a base della commisurazione.

L’imposta da trattenere al dipendente è versata a titolo di ritenuta d’acconto; gli uffici finanziari liquideranno poi definitivamente l’imposta in base all’aliquota media di tassazione dei 5 anni precedenti a quello in cui è maturato il diritto alla percezione.

Sulla parte imponibile delle prestazioni pensionistiche comunque erogate è operata invece una ritenuta a titolo d’imposta con l’aliquota del 15% (ridotta di una quota pari allo 0,30% per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari, con un limite massimo di riduzione del 6%).

Nel caso di prestazioni erogate in forma di capitale la ritenuta di cui al periodo precedente è applicata dalla forma pensionistica a cui risulta iscritto il lavoratore.

Nel caso di prestazioni erogate in forma di rendita, tale ritenuta è applicata dai soggetti eroganti.

Dove si trova il TFR in busta paga?

Alcune informazioni sul TFR sono direttamente reperibili nella busta paga mensile, ad esempio:

  • TFR maturato nel mese a cui fa riferimento il cedolino
  • retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR (o imponibile TFR)
  • fondo TFR accantonato fino al 31 dicembre dell’anno precedente (lordo e netto)
  • quota TFR maturata nell’anno (dal 1° gennaio dell’anno corrente fino alla fine del mese a cui si riferisce il cedolino)

Queste informazioni sono riportate nella parte finale del cedolino, insieme ai dati fiscali e alla retribuzione netta.

Come vedere il TFR nella CU?

Il TFR viene incluso anche nella Certificazione Unica annuale, all’interno di una sezione denominata “Trattamento di fine rapporto, indennità equipollenti, altre indennità e prestazioni in forma di capitale soggette a tassazione separata”.

In questa parte vengono indicati i seguenti valori:

  • importo maturato dal 1° gennaio 2001 (con indicazione separata dell’eventuale versamento a fondi previdenziali)
  • importo maturato fino al 31 dicembre 2000 (con indicazione separata dell’eventuale versamento a fondi previdenziali)
  • eventuali somme corrisposte nel periodo d’imposta di riferimento o negli anni precedenti

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