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Riforma del Lavoro 2025: assunzioni agevolate, contratti e altre novità

Riforma del Lavoro 2025: tra le tante novità introdotte dalla nuova Legge di Bilancio, spiccano anche numerosi cambiamenti nel settore del lavoro.

Si toccano temi che vanno dai contratti a tempo determinato, alle dimissioni, ai congedi, fino ai premi di produzione e a molti altri aspetti.

Vediamo le principali tematiche oggetto di riforma:

Fringe benefit

Verrà assicurata anche per il 2025, 2026 e 2027 la soglia di non imponibilità pari a 1000 euro (2000 per i dipendenti con figli fiscalmente a carico) per i fringe benefit.

Ne abbiamo parlato nello scorso articolo “Fringe Benefit 2024: beni e servizi integrativi tra novità e conferme”.

Periodo di prova

La normativa prevede che nei contratti di lavoro sia possibile stabilire un periodo di prova variabile a seconda dei CCNL, ovvero un lasso di tempo durante il quale sia il datore che il lavoratore possano testare l’effettivo rapporto di collaborazione.

In questa fase, ciascuna delle parti può unilateralmente recedere dal contratto senza obbligo di preavviso o giustificazione alcuna.

Sebbene l’intento sia chiaro, fino al 2024 la normativa rimandava alla contrattazione collettiva i limiti temporali massimi, stabilendo solo un generico obbligo di riproporzionamento per i contratti a termine.

La riforma ha voluto fare chiarezza prevedendo un tetto anche nei rapporti a tempo determinato pari a un giorno per ogni 15 di calendario, con un limite di:

  • 15 giorni per contratti fino a 6 mesi
  • 30 giorni per contratti fino a 12 mesi.

Come sempre vengono fatte salve eventuali condizioni di miglior favore.

Si precisa che non sarà possibile reiterare tale istituto in caso di proroga o rinnovo del contratto.

Dimissioni per fatti concludenti

I motivi di interruzione del rapporto di lavoro possono essere tanti e vari, ma generalmente si qualificano in due azioni:

  • licenziamento su iniziativa del datore di lavoro
  • dimissioni su attivazione da parte del dipendente

Le dimissioni da parte del dipendente possono assumere due forme:

  1. Dimissioni volontarie

In questo caso è una scelta del dipendente di terminare il proprio rapporto di lavoro. Questa decisione si concretizza mediante la comunicazione al datore della volontà di recedere dal contratto, seguendo specifiche modalità telematiche.

Tale scelta può essere causata da vari fattori, come opportunità di lavoro più favorevoli, cambiamenti personali, scelte professionali, o comunque qualsiasi motivazione radicata in una scelta libera e personale del soggetto stesso.

  1. Dimissioni per giusta causa

Il legislatore ha contemplato la possibilità che il lavoratore possa essere indirettamente costretto ad abbandonare il posto, magari per trasferimento della sede lavorativa o per via di un comportamento grave da parte del datore o dell’ambiente lavorativo (violazioni contrattuali, mancato pagamento di stipendio o qualsiasi azione capace di compromettere irreversibilmente il clima lavorativo).

In casi del genere, non solo il dipendente ha la possibilità di scindere il contratto ma conserva anche il diritto alla disoccupazione (di fatto perde il posto di lavoro non per sua volontà ma per impossibilità a sostenere “la condizione” lavorativa).

Una delle novità più rilevanti introdotte dalla Riforma del Lavoro 2025 riguarda le “dimissioni per fatti concludenti” che va a considerare una particolare situazione in cui il lavoratore, volendo interrompere la sua collaborazione con l’azienda, invece di comunicare le dimissioni, sceglie di non presentarsi più al lavoro.

In passato, questo comportamento costringeva il datore a rescindere il contratto, poiché il rapporto di lavoro si interrompeva di fatto per volontà del dipendente, ma senza una comunicazione esplicita da parte sua. Di conseguenza, spettava all’azienda l’onere di informare gli enti competenti, avendo a disposizione esclusivamente la procedura di licenziamento per motivi disciplinari (assenza ingiustificata).

Sebbene nei contratti a termine non ci fossero rilevanti criticità, per i contratti a tempo indeterminato l’azienda doveva assumersi l’onere economico del contributo NASPI (in quanto il dipendente aveva diritto di accedere alla disoccupazione).

Per affrontare questa problematica, il legislatore ha introdotto l’istituto delle dimissioni per fatti concludenti, che stabilisce un iter chiaro per valutare l’effettiva volontà del lavoratore di non proseguire il rapporto di lavoro, anche nel caso in cui non sia più rintracciabile o non esprima alcuna intenzione in tal senso. Nello specifico, se il lavoratore non si presenta al lavoro per almeno 15 giorni senza giustificazione viene di fatto considerato come dimesso (è comunque concessa la possibilità ai dipendenti di dimostrare eventuale impossibilità a comunicare l’assenza).

Tale processo implica anche un coinvolgimento diretto dell’ispettorato del lavoro, chiamato a verificare la correttezza delle procedure tutelando il lavoratore ed impedendo azioni arbitrarie prive di fondamento.

In questo modo, le dimissioni di fatto possono essere convalidate e riconosciute in modo oggettivo, consentendo la chiusura del rapporto di lavoro senza ulteriori oneri per il datore di lavoro.

Le conseguenze principali delle dimissioni per fatti concludenti sono:

  • esenzione per il datore di lavoro dal versamento del contributo NASPI
  • facoltà di trattenere l’indennità di mancato preavviso dalle competenze di fine rapporto
  • impossibilità per il lavoratore di accedere alla NASPI, poiché le dimissioni non sono considerate perdita involontaria del posto di lavoro

Agevolazioni per le assunzioni

Sul fronte delle agevolazioni per le assunzioni, la Riforma del Lavoro 2025 non presenta elementi di grande novità, tuttavia vengono confermati, rifinanziati ed ampliati alcuni incentivi:

  • Bonus giovani: esonero del 100% dei contributi previdenziali (fino a 500 euro mensili innalzati a 650 euro per assunzioni nel Mezzogiorno) per l’assunzione di giovani under 35 a tempo indeterminato (mai occupati prima a tempo indeterminato).
  • Bonus donne: esonero del 100% fino a 650 euro mensili per l’assunzione di donne prive di impiego da almeno 6 mesi (nelle ZES) o da 24 mesi (in tutta Italia).

L’esonero non si applica ai rapporti di lavoro domestico o di apprendistato.

  • Bonus ZES: esonero contributivo del 100% fino a 650 euro mensili per assunzioni di lavoratori over 35 in stato di disoccupazione da almeno 24 mesi (solo in aziende con meno di 10 dipendenti localizzate nelle ZES).
  • A partire dal 2025, le lavoratrici madri (a tempo determinato, indeterminato) potranno beneficiare di un esonero contributivo parziale (fino al decimo anno di età del figlio più piccolo o fino al diciottesimo anno, se madri di tre o più figli).

L’esonero riguarda i contributi previdenziali a carico della lavoratrice ed è destinato a dipendenti e lavoratrici autonome con reddito annuo non superiore a 40.000€.

Nuove regole per il rimborso spese

In materia di rimborso spese ai dipendenti diventa obbligatorio il pagamento tracciato di vitto, alloggio, trasporto, taxi ecc. Sono esenti da queste restrizioni solo i trasporti effettuati con autoservizi pubblici di linea.

Congedo parentale

Il congedo parentale è un periodo di astensione facoltativo riconosciuto ai genitori con figli che vede garantire la retribuzione secondo soglie che variano in funzione dell’età dei figli e del loro numero.

Ad esempio, in condizioni normali, il compenso del congedo è il 30% circa della retribuzione ordinaria. La Riforma del Lavoro 2025 amplia tale beneficio aumentando l’importo all’80% della retribuzione ordinaria per i primi 3 mesi per poi tornare ai consueti livelli sopra richiamati.

Bonus nuove nascite

Viene ripristinato un incentivo alla natalità per ogni figlio nato o adottato dal 1° gennaio 2025 per un importo di 1000 € (domanda in capo alla famiglia con requisito isee <40000 euro e residente in Italia)


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