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Partita IVA: uno strumento fiscale indispensabile per imprese e lavoratori autonomi

Tutti abbiamo sentito parlare della Partita IVA, ma di cosa si tratta esattamente e come funziona?

Vediamo tutte le caratteristiche di questo strumento fiscale:

Cos’è la Partita IVA

La Partita IVA è essenzialmente un codice di 11 cifre, che consente a lavoratori autonomi, liberi professionisti e aziende di essere identificati come persone fisiche o giuridiche presso gli archivi dell’Agenzia delle Entrate.

Il codice è così composto:

  • prime 7 cifre > identificativo del titolare contribuente
  • successive 3 cifre > funzionali all’identificazione territoriale da parte dell’AdE
  • ultima cifra > numero di controllo

Inquadrando la posizione fiscale del professionista, la P.IVA permette di avviare un’attività imprenditoriale o diventare un lavoratore autonomo e di pagare i seguenti contributi:

  • Contributi INPS
  • Assicurazione INAIL
  • IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche)
  • IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive)

Chi deve aprire la Partita IVA

Sono tenuti ad aprire una Partita IVA tutti i lavoratori autonomi che svolgono un’attività professionale continuativa e le imprese che intendano fatturare la vendita di prodotti o servizi.

Ma chiunque può aprirla? No.

Per poter essere titolari di una P.IVA occorre avere i seguenti requisiti:

  • essere maggiorenni
  • essere residenti sul territorio nazionale

Per alcune attività e in riferimento ad alcuni codici ATECO possono essere previsti ulteriori requisiti specifici (ad esempio un titolo di studi), imposti dalle norme nazionali o dalle regole delle Camere di Commercio e degli enti operanti sul territorio italiano.

Compatibilità della P.IVA con lavoro dipendente

Il dipendente può conciliare il lavoro subordinato con quello autonomo e aprire una Partita IVA, a meno che abbia sottoscritto un patto di esclusività o non concorrenza con il datore di lavoro.

Per i dipendenti pubblici, generalmente, questa possibilità non è concessa, in quanto sono tenuti all’esclusività con la Pubblica Amministrazione. Fanno eccezione i docenti (che comunque devono ottenere un’autorizzazione del dirigente scolastico e possono impiegare la P.IVA solo per attività non imprenditoriali e connesse alla materia di insegnamento) e i dipendenti pubblici part-time (sempre previa autorizzazione).

Tipologie o regimi

Prima di aprire la P.IVA occorre scegliere:

  • il regime fiscale e contabile da adottare per la propria attività
  • la forma giuridica (ditta individuale; lavoratore autonomo; società di persone; società di capitali; cooperativa)
  • il codice ATECO per la propria attività (codice alfanumerico che ha la funzione di classificare le attività economiche presso l’Istat)

Queste scelte andranno a determinare la tassazione, nonché gli adempimenti contabili, fiscali e previdenziali.

Vediamo le tipologie di regime che si possono adottare:

1. Regime Ordinario

Per questa tipologia di regime non è previsto un tetto massimo di guadagno e la tassazione IRPEF è determinata in base agli scaglioni di reddito (a seconda della fascia di reddito si applica un’aliquota diversa, pari a 23%, 25%, 35% oppure 43%).

In questo caso l’IVA viene applicata alle cessioni di beni o prestazioni di servizi e il professionista può scaricare i costi della propria attività, purché siano documentati.

Questo regime, che richiede una contabilità complessa e diversi registri contabili, è obbligatorio per:

  • società di capitali
  • società di persone che nell’anno precedente hanno ottenuto ricavi superiori a 500.000 € per le prestazioni di servizi (oppure 000 € per altre attività).

2. Regime semplificato

Per questo regime sono previste le stesse condizioni fiscali e di tassazione del precedente, ma l’applicazione è facilitata e gli obblighi contabili sono ridotti.

Il regime semplificato si applica a:

  • società che nell’anno precedente hanno ottenuto ricavi entro 500.000 € generati dalla vendita di servizi
  • società che nell’anno precedente hanno ottenuto ricavi entro 800.000 € per le altre attività.

3. Regime forfettario (o agevolato)

Rispetto al regime ordinario e a quello semplificato, il regime forfettario prevede una tassazione inferiore, con un’imposta sostitutiva del 15% del reddito imponibile (per i primi 5 anni di attività ulteriormente ridotta al 5%).

Non sono previsti obblighi di scritture contabili, liquidazione e versamento dell’IVA, né sono obbligatorie le ritenute d’acconto.

Possono adottare il regime agevolato le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni (incluse le imprese coniugali o a conduzione familiare non gestite in forma societaria), che non abbiano superato nell’anno precedente un ricavo di 85.000 €.

I professionisti che rientrano nel regime forfettario non possono scaricare le spese sostenute per la propria attività, ma questo trova una compensazione nella tassazione ridotta.

Tassazione, contributi e obblighi fiscali

Ricapitoliamo di seguito le tasse obbligatorie in base al regime fiscale scelto per la propria Partita IVA.

In caso di regime ordinario e regime semplificato:

  • IVA à da applicare in fattura (con una variazione dell’aliquota in base al bene/servizio erogato)
  • IRPEF à calcolata in funzione del reddito e obbligatoria per le persone fisiche (liberi professionisti e ditte individuali)
  • IRES à applicata al reddito della società con percentuale fissa
  • IRAP à applicata in base a un’aliquota ordinaria, che ogni regione può aumentare o ridurre, fino a un massimo di 0,92 punti percentuali; dal 2022 sono escluse le persone fisiche

In caso di regime forfettario agevolato:

  • aliquota sostitutiva IRPEF al 5% per i primi cinque anni di attività, poi sale al 15% (dopo aver determinato il reddito imponibile, il contribuente forfettario applica un’unica imposta, sostitutiva delle imposte sui redditi, delle addizionali regionali e comunali e dell’IRAP)

Costi di apertura e mantenimento

Aprire una Partita IVA è gratuito.

Gli unici eventuali costi da sostenere riguardano la richiesta di consulenza a un intermediario (ad esempio un Caf o un commercialista) e l’iscrizione a un albo o al Registro Imprese della Camera di Commercio, obbligatoria per alcune professioni.

E quanto costa la gestione di una P.IVA?

La maggior spesa è costituita dai contributi di cassa o gestione previdenziale, da versare in base al guadagno.

La seconda fonte di spesa consiste nel versamento di tasse, che abbiamo già illustrato.

Come aprire una Partita IVA

Per aprire una P.IVA occorre innanzitutto scegliere un codice ATECO, una forma giuridica e il regime fiscale da applicare alla propria attività.

Successivamente, si dovrà presentare domanda all’Agenzia delle Entrate, consegnandola fisicamente presso un ufficio dell’AdE, oppure online tramite il software di compilazione del portale Fisconline, entro 30 giorni dalla data di inizio dell’attività.

I contribuenti tenuti a iscriversi al Registro delle Imprese o al Registro delle notizie Economiche e Amministrative (REA) dovranno invece presentare la Comunicazione Unica alla Camera di Commercio.

La richiesta tramite modello ComUnica consentirà loro anche (laddove richiesto) di:

  • presentare Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) allo Sportello Unico delle Attività Produttive (SUAP);
  • iscriversi all’INPS
  • iscriversi all’INAIL

Alcuni professionisti saranno inoltre tenuti ad aprire un indirizzo PEC (Posta Elettronica Certificata):

  • liberi professionisti iscritti a un albo professionale o alla camera di commercio
  • società di persone o società capitali
  • ditte individuali artigianali o commerciali
  • enti della Pubblica Amministrazione

Costi e modalità di chiusura

L’invio della richiesta di chiusura della Partita IVA avviene con le stesse modalità previste per la richiesta di apertura, compilando e presentando un modello all’Agenzia delle Entrate entro 30 giorni dalla cessazione dell’attività.

Nel caso in cui un contribuente non eserciti per oltre 3 anni consecutivi l’attività di impresa, l’Agenzia delle Entrate procederà d’ufficio alla chiusura della Partita IVA (il soggetto riceverà una comunicazione che lo informerà della chiusura d’ufficio e potrà contestarla presentando prove a testimonianza dello stato di attività della P.IVA.


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