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Bias cognitivi: come evitarli per un recruiting più consapevole e inclusivo

Seguendo il filone, a noi molto caro, dell’inclusività in azienda, non possiamo che giungere ad affrontare anche il tema dei bias cognitivi nel recruiting.

Vediamo cosa sono e come evitarli per non compromettere un processo di selezione oggettivo, consapevole e inclusivo.

Cosa sono i bias cognitivi?

I bias cognitivi sono sostanzialmente distorsioni mentali, che possono verificarsi nel processo di giudizio verso persone e fatti.

Essi possono portare a produrre valutazioni parziali o errate, che fanno riferimento a canoni soggettivi e non necessariamente corrispondenti alla realtà.

Bias cognitivi: i principali nemici nel recruiting

In ambito organizzativo, i bias cognitivi sono i principali nemici dei recruiter, che non sempre sono in grado di fare valutazioni oggettive e soprattutto corrispondenti con la cultura aziendale e gli obiettivi dell’impresa.

Ecco le principali tipologie di distorsione che possono subentrare in un processo di selezione del personale:

  1. Proiezione

Questo bias, secondo un principio di rispecchiamento, porta il recruiter ad attribuire ai candidati il proprio stato psicologico, interpretando in maniera probabilmente erronea il comportamento di chi sta sostenendo un colloquio.

  1. Stereotipi

Tra i principali bias cognitivi nel recruiting c’è sicuramente il pregiudizio, vale a dire una convinzione che precede il giudizio, acquisita dal pensiero collettivo o dall’opinione di qualcun altro.

Lo stereotipo limita l’oggettività della valutazione, portando il recruiter a cucire addosso al candidato una classificazione non prodotta dall’esperienza diretta, ma da altri fattori esterni o informazioni superficiali non verificate.

  1. Autoconferma

Questo bias cognitivo, anche detto framing, porta il selezionatore a concentrarsi su una convinzione e cercare informazioni che possano confermarla, scartando a priori tutto ciò che potrebbe contraddire la convinzione raggiunta.

In sostanza, il recruiter si fermerà alle impressioni ricevute in fase di screening dei cv e proverà a confermarle in sede di colloquio, scegliendo inconsciamente domande, e un taglio di comunicazione verbale e non verbale che possano condurlo alle stesse conclusioni già tratte in partenza.

  1. Contrasto

Il bias di contrasto si verifica nel recruiting quando il selezionatore si lascia abbagliare dalle differenze tra candidati con competenze leggermente differenti.

Ad esempio, dopo aver colloquiato una serie di candidati non idonei, il recruiter potrebbe convincersi di aver trovato la risorsa giusta incontrando un candidato lievemente più brillante, senza considerare oggettivamente il suo profilo in base alla ricerca avviata.

  1. Primacy e recency

L’effetto primacy si verifica quando il recruiter si lascia condurre dall’impressione ricevuta nelle prime fasi di colloquio, trascurando tutto ciò che emerge successivamente.

Al contrario, l’effetto recency porta il selezionatore a dare grande peso alle ultime informazioni ricevute, oppure a valorizzare maggiormente l’ultimo candidato incontrato.

  1. Effetto alone

Tra i bias cognitivi nel recruiting dobbiamo citare anche l’effetto alone, che si verifica quando il selezionatore si concentra su una sola caratteristica del candidato e la fa prevalere su tutte le altre, o addirittura filtra la percezione delle altre caratteristiche in base alla prima.

Le neuroscienze hanno dimostrato che sono sufficienti 7 secondi per valutare una persona incontrata per la prima volta. Partendo da un solo elemento superficiale, quindi, il recruiter può farsi un’impressione generale positiva (o negativa) sul candidato, precludendosi la possibilità di produrre un giudizio oggettivo.

Possibili danni di una selezione guidata da bias cognitivi

Non bisogna sottovalutare gli effetti negativi che possono produrre i bias cognitivi nel recruiting.

Essi vengono compiuti in modo inconscio e si tende a non dare loro peso, ma se reiterati possono avere conseguenze controproducenti per l’azienda:

  • Team indifferenziato

Gli errori cognitivi nella selezione del personale portano con facilità a forti discriminazioni e, di conseguenza, alla composizione di team di lavoro poco diversificati e strategicamente poco propensi all’evoluzione.

  • Costi elevati

L’assunzione della risorsa sbagliata può essere molto costosa, sia in termini puramente economici, sia in termini di tempo ed energie.

  • Reputation

Una carenza nel diversity management e lo svolgimento di selezioni non eque e inclusive può nuocere alla reputazione dell’azienda, quindi al posizionamento del suo brand sul mercato.

Come evitare i bias cognitivi nel recruiting

Occorre partire dal presupposto che il processo di esaminazione dei candidati implica necessariamente un’attività cognitiva, quindi si rivela quasi impossibile produrre una valutazione completamente oggettiva e senza errori di giudizio.

L’autoconsapevolezza, però, è sicuramente un buon primo passo, a cui si possono aggiungere altri accorgimenti per limitare gli errori e minimizzare i possibili danni:

  • Scegliere i giusti recruiter

Avere selezionatori dotati di intelligenza culturale, che siano in grado di valutare i candidati nel modo più oggettivo possibile, è un buon inizio per evitare i bias cognitivi nel recruiting in azienda.

  • Avere più selezionatori 

Scegliere di non affidare la selezione a un solo recruiter può essere molto utile per ottenere una maggior oggettività e limitare l’effetto dei bias.

Avere due recruiter presenti al colloquio, infatti, consente di avere due punti di vista differenti sullo stesso intervistato e minimizzare il rischio di cadere in errore.

  • Utilizzare schemi di valutazione

Potrebbe essere utile anche standardizzare i tratti da analizzare nei candidati, predisponendo una griglia di valutazione unica con punteggi numerici per ogni aspetto da valutare.

Anche lo schema dell’intervista dovrebbe essere replicabile, per produrre risultati valutabili con lo stesso metro di giudizio.

  • Monitorare i processi 

L’analisi e il monitoraggio dei processi sono sicuramente utili per identificare errori o difetti di giudizio ricorrenti nelle selezioni.

  • Ricorrere a domande standard

Per evitare di farsi influenzare dai bias nel corso dei colloqui, potrebbe essere utile preparare le domande in anticipo, riflettendo sulle diverse modalità di porre lo stesso quesito e sulle conseguenze che questa diversità può produrre.

L’ideale è fare sempre domande aperte, che non presuppongano niente e che lascino al candidato la possibilità di spaziare nella risposta.

  • Affidarsi a professionisti

Nel caso in cui l’azienda che cerca candidati non abbia un reparto HR strutturato, è sempre consigliabile rivolgersi a professionisti (agenzie per il lavoro e società di selezione), per ottenere risultati migliori in un tempo inferiore.

  • Sperimentare

Per evitare i bias cognitivi nel recruiting e tentare un approccio più oggettivo, equo e inclusivo, si può anche provare a sperimentare soluzioni come il blind recruitment, una tecnica di selezione “alla cieca” che permette di azzerare il pregiudizio.

Leggi anche il nostro articolo dedicato al tema del blind recruitment.


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